Fezzano – Porto Venere (SP)
Marinai: Gianni Campi, Tullio Lodetti e Luca Perico
Navigatore: Michele Zuccala
Comandante: Luca Sabiu
Lo Yacht Club Bergamo sale per la prima volta a bordo di un Class40 della famiglia dei Pogo 40 S2, lunga 12 metri e con dislocamento 4.5tons e baglio massimo in poppa. I soci bergamaschi provano così l’esperienza di navigare su una barca nata per regatare nei mari oceanici in solitaria, ma questa volta la cavalcano in 5.
Si arriva a Fezzano il mercoledì pomeriggio e il Class40, Flow è il suo nome, è ormeggiata con la sua mitica poppa larga 5 metri a doppia pala che ci invita a salire e a prendere posto.
Il guidone bianco e blu del Club viene issato e prendiamo possesso della barca.
Per dormire: 4 brande a rete a ribalta e una cuccetta in poppa per il comandante;
Cambusa: una mini amaca a rete,
Cucina: due fornelli e una pentola a pressione,
Doccia: non c’è,
Lavandino: non c’è,
Water: un vaso chimico basculante in centro barca senza pareti attorno,
ma non perdiamoci in minuzie insignificanti… torniamo alla navigazione.
Per fare amicizia con la barca partiamo dalla prua del ponte e verifichiamo i punti di mura, le drizze, gli stopper, le volanti!, una randa square top, code zero, gennaker, snuffer spi, genoa, fiocco, trinchetta.
Raggiungiamo il cuore della strumentazione che ha una console dotata veramente di ogni apparecchio di comunicazione: software di navigazione, radar, AIS, Merveille, Openport, VHF, autopilota NKE, idrogeneratore, dissalatore; e, ovviamente, di sicurezza: DSC, PLB ed EPIRB, AIS MOB, SART, con un PC per mettere d’accordo il tutto.
Passiamo poi ad analisi del meteo, routage al PC e pianificazione della navigazione settimanale con programmazione rotte e vie di fuga.
Goduti gli ultimi preziosi momenti presso i servizi del Marina, all’indomani, il giovedi ore 14.00 salpiamo con un vento da nord di 15-17 nodi e la barca schizza via con una velocità di 13 nodi a lasco. La direzione è l’Elba a Portoferraio. In base all’intensità e alla direzione del vento proviamo il code zero, il medio, il light… non ci facciamo mancare nessuna manovra per conoscere a pieno gli effetti di tutte le vele a bordo.
Durante la navigazione, ad ogni avvistamento di nave procediamo ad un addestramento pratico nella gestione del traffico radio di routine con chiamate “Ship to Ship” in fonia e DSC di Distress, urgenza, sicurezza e teoria su cessazione, cancellazione e riferimento di un messaggio d’emergenza. Compiliamo anche il diario di bordo.
Lo spettacolo della velocità ci lascia sbalorditi ed io rimango incantato dalla scia lunga e dalla facilità nel portarla al timone; proviamo anche l’autopilota NKE, ci divertiamo con foto, video, droni, e, intanto, il tramonto si avvicina. E parte così il cinema dei colori caldi e poi di quelli freddi finché sembra di affondare nel blu più nero.
Finalmente miglia! Pensavo, ma di notte è dura! In navigazione l’aspetto mentale e il rispettare i turni in equipaggio ridotto non sono da trascurare affatto; occorre disciplina per osservare orari e procedure, poi il ritmo viene da solo. Ma se si salta qualche passaggio come, ad esempio, un cambio di maglietta o di calzini umidi o la pulizia personale, essi rimangono perennemente in coda alle cose che devi fare. Questo perché la barca non è stata concepita per essere comoda, ma veloce e sicura.
Alle 20.00 si cena con la propria gavetta e, dopo un bel caffè, alle 21.00 partono i turni di 2 ore con due persone nel pozzetto e due a riposo, mentre il quinto fa da jolly. Il mare si fa nero piano piano, le luci a terra baluginano ed io immagino le persone a casa al caldo sotto una copertina a guardare la TV mentre noi siamo qui a guardare il cielo allunato che, quasi piena la sfera riflette tutto intorno.
Io e Michele facciamo il primo turno 21-23 che va via abbastanza veloce; timono io e tengo gli occhi fissi sulla bussola e sull’angolo del vento la cui intensità è di 7-9 nodi a calare. Diamo il cambio ed io scendo, tolgo l’autogonfiabile+ombellicale, via le scarpe e via la cerata nuova di zecca, aggiungo un altro pile e mi getto sulla mia brandina comoda comoda. Chiudo il sacco a pelo e chiudo gli occhi forzatamente per ascoltare meglio il rumore delle onde sullo scafo e maledico tutto il bello nell’andar per mare. La mia postazione è a prua a dritta mentre quella di Michele è a prua sulla murata di sinistra. Lui sarà il mio compagno di viaggio su questa barca anche per il progetto di novembre. Le altre due brande sono più appoppate vicino al tambuccio e forse hanno un po’ più di spazio.
All’una zero zero ritocca a noi; vado di cerata, sempre quella nuova, scarpe e salvagente. Ci avviciniamo sempre di più all’isola elbana e cerco di fare rotta verso le luci di Portoferraio, cercando anche di orzare per tenere la velocità. Il vento gira da nord a est, ma in diminuzione. Ci sono molti pescherecci che pescano con le lampare sparate in acqua, li seguiamo sul radar per capire la loro direzione e velocità. Con Michele decidiamo di orzare con prua verso il canale di Piombino per mantenere la velocità che si era ridotta a tra i 3 e 5 nodi; facciamo qualche slalom tra i pescherecci fino a quando il vento se ne va e iniziamo a ciondolare. Fuori tutti, ammainiamo e via di motore; sono le tre di notte e dopo un’oretta entriamo nel golfo tenendo d’occhio il faro di Punta Falcone e uno scoglietto affiorante illuminato.
Alle 4.30 ormeggiamo al molo cinquecentesco costruito dal Gran Duca di Toscana Cosimo I de Medici, all’inglese, sotto un’illuminazione gialla risaltata dalla Caravella d’epoca che stagna lì vicino. Assicurata la barca, sveniamo in branda fino alle 9.30 quando veniamo svegliati dagli omini del porto.
La giornata trascorre nelle varie lezioni del comandante sulle piombe, sui lashing knot e sulla sostituzione di una drizza con prova pratica: la si fa scorrere dallo stopper, dentro l’albero fino alla tuga e ritorno al contrario: ebbene sì, funziona!
È inutile che cerchiate in internet la traduzione o il significato di lashing knot perché troverete tutt’altro! Questo sarà il nostro segreto che porteremo a casa da questo corso.
La giornata assolata va via in relax cercando cibo da asporto per la cena.
All’aurora delle 05:00 sveglia e alle 05:30 lasciamo il porto e ci gettiamo nuovamente al largo; è sabato e ci aspetta un’alba mediterranea: il mare è calmo, il vento corre a 5-7 nodi da Est, e al lasco mettiamo prua sul faro della Giraglia (punta nord della Corsica) lontana da noi di 44 miglia. Ci avvicendiamo al timone e alterniamo i gennaker per essere più veloci, ma il vento stamattina è leggero. Superiamo la Punta Faro dello Zenobito a sud di Capraia e nel frattempo ci avviciniamo sempre di più alla verde Corsica con il suo sfondo di montagne ancora innevate.
Ecco il mitico piccolo faro posto su un isolotto, l’Ile de la Giraglia, stretto e lungo circa 700 metri e distante da terra poco meno di 1 miglio; esso rappresenta una boa naturale per alcune importanti regate del Mediterraneo e provoca una certa emozione pensare come in tanti anni sia stato un punto di riferimento per molti marinai e barche a vela. In quel momento la trasformiamo in una vera modella bersagliata da foto e da video dal nostro drone che la riprende come una sposa corteggiata.
Ma dobbiamo andarcene e rientrare a Fezzano, il nostro posto è là! Altre 67 miglia ci separano dal nostro ormeggio di La Spezia. È un pomeriggio lungo e ci turniamo al timone, rotta 30°, andatura bolina con mure a sinistra perché il vento è ruotato a sinistra con direzione NNW e velocità 9-12 nodi. Flow sbanda bene e la nostra seduta in sopravento va “ai piani alti”… immaginate una poppa di 5 metri che mostra la sua chiappa migliore! Proviamo il ballast: carichiamo circa 350 litri d’acqua dal mare perché faccia da contrappeso e assistiamo alla magia di questo vascello bretone.
Il pomeriggio va via con l’avvistamento di 6-7 delfini che ci accompagnano per una decina di minuti a prua con salti in coppia sincronizzati mentre la sera, con il buio oramai avanzato, entriamo in comunicazione con La Spezia per un paio di avvistamenti di razzi verdi in caduta al largo della Liguria, ma nulla di più.
Atterriamo a Fezzano alle 4:30 pronti con le cime di ormeggio e trappa; ancora vestito mi imbrando e rimango lì, immobile, su quella rete, ma alle 9 riprendiamo confidenza con i servizi del Marina.
L’abbandono di Flow è preceduto dal riordine di vele e cime e da una profonda pulizia interna ed esterna; la lasciamo pronta per ripartire per nuove avventure e per accompagnare altri marinai nei loro sogni.
Il vessillo bergamasco viene ammainato e si torna a terra.
È domenica, sono le 12:30 ed è l’ora delle libagioni di pesce e vino intorno ad un tavolo per raccontarci le nostre impressioni finali.
Quando scendo da una barca ho sempre quella sensazione di essere stato fortunato per essere sopravvissuto a qualcosa di più grande di me e, questa volta, la sensazione è ancora più forte. E anche ora che a distanza di tempo sto descrivendo com’è andata, sento come se fossi sceso solo ieri, avendo ancora ben nitide tutte quelle immagini nella mente e tutte quelle sensazioni ben marchiate sulla pelle.
Un grande abbraccio e un bel grazie ai miei compagni di viaggio!
Buon vento
Luca Perico